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martedì 25 gennaio 2011

Entro il 6 febbraio, liberiamoci del maiale! (e ricetta per un barbecue invernale da fare al chiuso)

Ecco qua una nuova iniziativa alla quale sono stata invitata da Norma e alla quale aderisco - di nuovo - con grande entusiasmo, dopo l'analoga iniziativa sui finocchi del novembre scorso.

Cosa dire di nuovo che non sia già stato detto? E soprattutto: come ridare al suino l'immagine che si è offuscata con i troppi, recenti accostamenti ad anziani che invece di fare quello che gli anziani fanno (vedi più avanti...) si dilettano a nutrire di ghiande delle giovinette (no, non scriverò ingenue né pure né timide)?

Il maiale è un animale nobile. L'Artusi diceva che "se il maial volasse non ci saria denar che lo pagasse". Del maiale di usa tutto. In Emilia (scusate la pronuncia...) lo chiamano "e nimèl", l'animale per eccellenza tout court.
E qualcuno - forse Michele Serra, non mi ricordo - parlando della gaudente Sassuolo, la definiva la città delle tre esse "Sesso, suini e siampagn!", dove il nostro porco occupa trionfalmente la posizione centrale.
Il maiale è un animale pulito (sono le condizioni nelle quali viene allevato che lo rendono sporco e puzzolente), straordinariamente intelligente, con un'anatomia così simile a quella umana che veniva usato, in mancanza di cadaveri, per simulare la disposizione degli organi interni di noi bipedi.
La conformazione del suo collo lo costringe, per tutta la sua esistenza, a guardare in basso: nessun maiale è mai riuscito a vedere il cielo stellato sopra di sé anche se sono convinta, vista la generosità con la quale si offre al martirio per il nostro piacere lussurioso e la innumerevole varietà di squisitezze che se ne ricavano, che la legge morale dentro di sé sia ben salda e coraggiosamente esternata nell'ora della fatal prova: dovremmo ricordarcene, quando attacchiamo avidamente la tenera carne attaccata alla costoletta.

Quando ero piccola, c'era un anziano signore che ogni anno comprava un maiale per ingrassarlo e lo pascolava amorevolmente per il tempo necessario. Lui e il porcello, sempre più grosso e grasso, passeggiavano per lunghi pomeriggi nei boschi di querce intorno a Sansepolcro. Il signore parlava, il maiale grugniva di approvazione e mangiava ghiande, felice e inconsapevole.

Il suino, ogni anno, veniva battezzato col nome di Benito, perchè il padrone diceva che voleva avere la soddisfazione, giunto gennaio, "di ammazzare quel porco".

Ecco, se quel signore, fosse ancora vivo (ne dubito, ma magari ha qualche discendente che trova tempo per pascolare maiali nei boschetti di querce della Toscana...)... mi piacerebbe che quel signore desse un altro nome al suo porco.

Quale nome? Mica difficile indovinare... basta aprire un qualsiasi giornale di questi giorni e immaginarselo.

Ma se proprio non vi viene in mente, fatevi un piattone di questo finto barbecue invernale (mica vorrete affumicare i vicini, vero?), così buono che l'unico problema è che potrebbe distogliervi dalla mission di questa iniziativa.



2 commenti:

Anonimo ha detto...

mio nonno, credo alla stessa epoca di quel signore, chiamava Benito un coniglio...con gli stessi intenti.. peccato che si affezionarono talmente tanto alla povera bestiola, che viveva in casa con loro come un gatto, che arrivati al dunque, siccome la fame c'era, lo portarono da un macellaio e fecero uno scambio, giusto per non esser loro a farlo fuori! ^^

grazie per il tuo contributo,sempre ironico e prezioso!

Kemi ha detto...

Ciao,
mi unisco ai ringraziamenti di Norma e sono contenta di dirti che sia io che Norma, abiamo aggiornato gli elenchi ,180 adesioni e oltre 80 ricette già inviate!
Un saluto, Kemi

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